Tlahui-Medic. No. 22, II/2006


Il riscatto della medicina tradizionale in quanto rivendicazione culturale e recupero dell’autostima popolare

Temas de interés en Medicina Tradicional

Mario Rojas Alba (*)
Trad. Gianpaola Facchin
Udine, Italia, Settembre 2006


Pierluigi Di Piazza, Mario Rojas, e Claude Ansin Thomas
Pozzuolo del Friuli (Udine), Italia, Settembre 2006

 

Introduzione

Il 14 Giugno 1984 presentai il progetto di documenti base per la fondazione dell’Istituto Messicano di Medicine Tradizionali Tlahuilli, organizzazione civile senza fini di lucro. Il testo fu approvato nella sua integrità, incluso l’Obiettivo Quinto: Rivendicare e valorizzare la medicina tradizionale e popolare, rafforzando nei popoli la consapevolezza dell’amore e dell’orgoglio per la propria cultura, e contribuire con le comunità nel recupero della sua identità culturale e storica (1)

 

Successivamente, dalla sua fondazione il 5 Febbraio 1996, la rivista elettronica Tlahui ha mentenuto lo stesso principio tra i suoi obiettivi, rivendicare, valorizzare, la medicina tradizionale come modalità di recupero dell’autostima popolare e indigena.

 

Se si pretende rivendicare e valorizzare la medicina tradizionale messicana, significa che essa è svalorizzata e senza diritti; nello stesso senso, se l'obiettivo è recuperare l'autostima culturale, è perché questa è caduta (bassa); ma tutto ciò è certo?; è vero che la medicina tradizionale è svalorizzata, senza diritti e la sua pratica è motivo di vergogna tra la popolazione?

 

Presupponendo per certa l'ipotesi dello stato di marginalità e svalorizzazione culturale in cui è stata mantenuta la medicina tradizionale messicana, risulta necessario rispondere ad un'altra questione: la sua rivendicazione in diritti e valore , puo migliorare l'autostima delle popolazioni? Anticipando la mia conferma, cercherò in questo senso, nelle seguenti riflessioni, offire gli argomenti, le testimonianze e i fatti che lo dimostrano.

 “Traumatología” dell’ autostima

 

Due traumi storici hanno leso ad un livello profondo la psiche collettiva del popolo messicano. L’insieme delle caratteristiche e funzioni che costituiscono il profilo psicologico dei messicani, è stato danneggiato per sempre dallo shock emozionale causato, nel loro subconscio collettivo, dalla conquista spagnola e l’invasione nordamericana. Si possono trovare altri traumi storici, ma questi due, sono quelli che più hanno colpito in negativo l’autostima della gente , e hanno determinato il suo comportamento pscicologico, sociale e culturale.

 

Il trauma della conquista (il più studiato) portò con sé il disprezzo, l’emarginazione e la morte della società e della cultura mesoamericana, e con essa dei sistemi di cura delle nazioni autoctone, al loro posto si imposero la cultura e la medicina spagnola.

 

Molto tempo dopo, quando il Messico pretese di sviluppare la sua vita come repubblica indipendente, l’espansionismo nordamericano, con la via dell’invasione armata, saccheggiò al Messico più della metà del suo territorio. Decenni più tardi, la scienza e la tecnica medica statunitense si stabilirono in Messico, prendendo il turno alla guida dell’emarginazione della medicina tradizionale messicana.

 

I testi che qui cito e che sostengono la storia dell’usurpazione e e disprezzo nei confronti della cultura e medicina indigena e popolare sono tratti dal mio Trattato di Medicina Tradizionale Messicana.

Il trauma della conquista

 

Con la conquista spagnola si stabilisce la prima grande divisione della medicina messicana, due sistemi sovioculturali diversi, due concezioni ideologiche e due sistemi di medicina dapprima si confrontano con violenza, s’ intrecciano poi.

Con la croce e la spada, gli europei impongono la medicina d’Ippocrate, Galeno e Avicenna. Nonostante i disastri commessi nella spietata conquista militare e gli abusi dispotici del sistema coloniale, si riconosce peraltro che gli spagnoli portarono uno dei sistemi medici più avanzati d’Europa, rappesentanti com’erano di un paese al suo zenit culturale. Agli inizi del secolo XVI gli spagnoli erano all’avanguardia in Europea per quanto riguarda lo sviluppo medico, è perciò che dovrebbe sorprendere che il conquistatore Hernan Cortes, pur venendo da un paese così, riconoscesse la qualità e il valore della medicina mesoamericana, nel chiedere all’Imperatore di Spagna che non inviasse medici poiché “i naturali erano efficienti” (2).

Aggressione religiosa e imposizione

Nonostante tale riconoscimento immediato, la ruota della storia continuava a girare e la medicina indigena restava irrimediabilmente emarginata dalla nuova società coloniale, che riconosceva le qualità della medicina indigena. Lo stesso Hernan Cortez distrusse gli idoli aztechi per imporre i suoi:

I maggiori di questi idoli, e quelli in cui più loro avevano fede e devozione, buttai giù dalle loro sedie e li feci rotolare giù per le scale, e feci pulire quelle cappelle dove li tenevano, perché erano tutte piene di sangue, che sacrificano, e ci misi immagini di Nostra Signora e di altri santi, e non poco il suddetto Muctezuma e gli indigeni ne risentirono; i quali dapprima mi dissero che non lo facessi, perché se lo avessero saputo le comunità, si sarebbero ribellate contro di me, perché credevano che quegli idoli gli davano tutti i beni materiali e che lasciandoli maltrattare non gli avrebbero più dato niente, e avrebbero strappato i frutti dalla terra e la gente sarebbe morta di fame. Io gli feci capire con le lingue quanto si ingannassero nell’avere speranza in queli idoli, che erano fatti con le loro stesse mani, da cose non pulite, e che dovevano sapere che c’era un unico Dio, signore universale di tutti, che aveva creato il cielo e la terra e tutte le cose e aveva fatto loro e noi, e che questo era senza principio e immortale, e che lui bisognava adorare e credere e non un’altra creatura o cosa alcuna: e gli dissi tutto il resto che in questo caso seppi, per distoglierli dalle loro idolatrie e attrarli alla conoscenza di Dio Nostro Signore; e tutti, specialmente il suddetto Muteczuma, mi risposero che loro non erano originari di questa terra, e che molto tempo fa i loro predecessori erano arrivati qui, e che credevano veramente che potessero essere in errore rispetto a quello che avevano, poiché da tanto tempo erano usciti dalla loro natura (originaria), e che io, siccome ero giunto da poco, avrei potuto sapere meglio le cose che dovevano avere e credere, che non loro stessi; che gliele dicessi e facessi comprendere, che loro avrebbero fatto ciò che gli avrei detto che era il meglio.

E il suddetto Muteczuma e molti dei principali della città stettero con me finchè tolsero gli idoli e pulirono le cappelle e collocarono le immagini, e tutto con aspetto allegro, e gli ribadì che non uccidessero creature agli idoli, come era loro abitudine; perché oltre ad essere abominevoli a Dio, vostra sacra maestà con le sue leggi lo proibisce ed ordina che chi uccide venga ucciso. E da quel momento in poi lo eviatarono, e in tutto il tempo che io stetti nella suddetta città mai si vide uccidere né sacrificare alcuna creatura.(3)

In tutta Mesocamerica, l’evangelizzazione fu così violenta come la conquista militare, diverso il metodo, stesso risultato aggressore e distruttore dello spirito e vita dei popoli indigeni.

 

I soldati castigliani strappavano l’oro dai corpi mutilati dei morti, i sacerdoti divoravano le anime degli indios. Sulle quattro direzioni dell’Anahuac scorreva il sangue mentre un Dio straniero raccoglieva le loro anime.

 

In alcuni luoghi i sacerdoti cercavano di mitigare il dolore dell’oppressione fisica, ma non quella spirituale, e molte volte neppure si preoccupavano molto della prima, pur di salvare l’anima degli indios.

 

In Yucatan l’evangelizzazione volle essere pacifica, mentre a Tabasco, i frati si trovarono davanti una forte opposizione dei soldati spagnoli che imponevano pesanti lavori agli indigeni cristianizzati (4).

A Michoacan Don Vasco de Quiroga pacificò e radunò gli indios che erano fuggiti sulla montagna per evitare la crudeltà estrema di Nuno Guzmàn, tuttavia, l’evangelizzazione non concedeva tregue contro le “idolatrie indigene”.

Conquistatori e sacerdoti spagnoli ovunque lasciavano prova della supremazia degli dei cristiani su qualsiasi altra degli indigeni.

Nell’ antico ingresso alla città di Pàtzcuaro si trova la Capilla del Humilladero (Cappella dell’Umiliazione), si chiama così perché in quel luogo si arrese il re dei puthepechas Tanganxoan II, di fronte al conquistatore Cristobal de Olid, e il sovrano spagnolo venne riconosciuto come il re supremo; successivamente, nel 1553, in quello stesso luogo gli spagnoli e il Vescovo Vasco de Quiroga fecero costruire una cappella con un frontespizio di pietra dove si puo distinguere il sole e la luna uniti da una corona di spine e su di loro la croce, chiarendo così una volta per tutte che Tata Huriata (Padre Sole) e Nana Cutzi (Madre Luna) sono soggetti alla Croce.

 

E se questo non fosse stato sufficiente, all’interno della cappella, nella parte superiore del Cristo che sta di fronte all’altare, lasciarono inciso un messaggio in latino sufficientemente visibile, che diceva: VERE FILIUS DEI EST ISTE, che letteralmente si traduce in Questi è il Vero Figlio di Dio, lasciando testimomianza che non c’era alcun Dio all’infuori di Gesù Cristo.

Nel novembre 2001 lo si poteva ancora leggere, ma il 2 novembre 2003 io stesso potei constatare che la frase storica era stata coperta da del colore, nessuno mi potè spiegare chi aveva autorizzato un restauro talmente grezzo che ha danneggiato per sempre il patrimonio storico e culturale dei messicani.

Incontro vs genocidio

Risulta grottesco denominare “incontro” quello che in realtà fu un vero “genocidio etnico e culturale”, basta con la demagogia accademica, la società matura dovrà prendere coscienza che l’ossessione compulsiva patologica per il potere dei falsi eroi conquistatori è da disprezzare, i bimbi e i giovani non dovrebbero averli come modelli da emulare ma bensì da ripudiare. I dirigenti migliori son coloro che rispettano gli altri popoli, che valorizzano ciò che si ha e non anbiscono a spogliare i territori e le ricchezze delgi altri, questi sono i veri esseri umani da presentare come esempio.

Se tuttavia si vuole usare il termine eufemistico di “incontro” per quello che fu un brutale genocidio, basti la lettura dello scritto Anonimo di Tlatelolco del 1528, qui, il popolo azteca piange la sua disgrazia:

E tutto ciò è passato con noi.
Noi lo abbiamo visto, noi ne siamo rimasti sorpresi.
Con questa lamentevole e triste sorte, ci siamo visti angosciati.
Sulle strade giacciono i dardi rotti, i capelli sono sparpagliati.
Scoperchiate le nostre case, insaguinati hanno i muri.
Vermi pullulano per le vie e le piazze, sulle pareti sono schizzati i cervelli.
Rosse sono le acque, sono come tinte, e quando le beviamo,
è come se bevessimo acqua salmastra.
Colpivavamo, intanto, i muri di argilla, ed era nostra eredità
Una rete di buchi
Con gli scudi fu la loro difesa, ma neppure con gli scudi può essere
sostenuta la loro solitudine.
Abbiamo mangiato rami di “colorín”(5),
abbiamo masticato erba salata, pietra di argilla, lucertole, topi, polvere, vermi…
Abbiamo mangiato la carne, per dire, sul fuoco era stata messa.
Quando la carne era cotta, da lì ce la strappavano, sullo stesso fuoco, la mangiavano.
Ci misero un prezzo.
Prezzo del giovane, del sacerdote, del bimbo e della fanciulla.
Basta: di un povero era il prezzo, soltanto due pugni di maiz, soltanto dieci cialde di “mosco”(6);
soltanto era il nostro prezzo, venti cialde di erba salata.
Oro, giada, ricchi tessuti, piume di quetzal, tutto ciò che è prezioso, non fu apprezzato per niente…
(7)

Soltanto l’oro valeva per i conquistatori, qualcosa che per gli indigeni, tradotto letteralmente, significava “scremento degli dei” o teocuitlatl (8)

Anche la medicina indigena viene svalorizzata, senza la fiducia della nuova classe coloniale dominante. Il regime coloniale instaura la sua struttura economica e sociale, il suo pensiero medico, nella misura in cui nasce il meticciato etnico e ideologico, le due concezioni mediche cominciano a fondersi nel crogiolo sociale, dando origine ad un nuovo tipo di tradizione, la “medicina popolare meticcia” che si sviluppa  durante tutto il periodo della colonia e dell’indipenza del Messico, “persistendo” fino ai nostri giorni.

Perdita dell’ autostima

 

Il genocidio della conquista e la distruzione della società cultura preispanica ha lasciato per sempre un marchio traumatico nelle generazioni successive. Un primo esempio del trauma storico, in campo medico, si sente nitidamente nelle parole della dedica scritta dall’indigena Martin de la Cruz nel suo Erbario Azteca, appena 23 anni dopo la caduta di Tenochtitlan:

 

Non si potrebbe neppure pensare che noi indigeni scrivessimo un libro degno dello sguardo di un re e sarebbe presuntuoso pensare che questo arrivi allo sguardo di una così grande maestà Non possiamo dimenticare che noi indios poveretti siamo inferiori a tutti i mortali, precisamente per l’insignificanza in cui ci siamo trovati collocati dalla natura; per questo motivo abbiamo bisogno della vostra pietà. (9)

La citazione dimostra il terribile grado di umiliazione a cui fu sottomesso il popolo indigena, il brutale stato di oppressione fa sì che essi stessi assumano una condizione d’”inferiorità”.

Il libro fu scritto su richiesta delle autorità ecclesiali e non per personale motivazione, era stato ripetuto all’indigena così tanto che la sua cultura era inferiore, che riuscirono a farlo vergognarsi di sé stesso e delle sue tradizioni culturali.

Il trauma storico della conquista condiziona in gran misura il comportamento sociale e culturale dei messicani d’oggi, esistono studi antropologici e sociali che mostrano gli effetti presenti dello shock culturale della conquista, nel comportamento sociale dei popoli. L’opera di Foster, Tzintzuntzan, mette in evidenza il trauma storico che soffrì questa città purhepecha: Rare volte nella storia una comunità ha cambiato così rapidamente la sua tipologia e si è spostata da un estremo all’altro del “continuum” urbano-rurale. Cancellata la sua elite politica, religiosa ed economica, poco rimase all’infuori degli agricoltori, pescatori e vasai, gli elementi che compongono la società rurale in qualsiasi luogo. La Tzintzuntzan d’oggi rappresenta, in questo modo, qualcosa di più dei 400 anni di in’esistenza alla fine della linea che irradia dalle città, contenta delle briciole della cultura che si è infiltrata da quei nuovi focolai di potere e d’influenza. (10)

L’impero purhepecha era un ragazzo vigoroso che si ergeva con il suo mondo di ambizioni e potere trasformatore mesoamericano, proprio nello stesso periodo in cui fu decapitato dalla conquista, la sua giovane testa cadde drammaticamente accanto a quella del maturo e splendido impero azteca.

Spopolamento indigena

Oltre alla morte culturale, la conquista portò con sé la morte fisica e il genocidio. Non sono mancati gli accademici che cercano di ridurre le alte cifre di mortalità e la catastrofica riduzione della popolazione mesoamericana per coprire le responsabilità storiche dei colonizzatori europei.

Nessuno onestamente puo negare che l’alta mortalità e la bassa natalità sono il risultato delle condizioni imperanti durante la conquista e la colonia, non importa quali siano nello specifico, semplicemente si deve capire che se non ci fosse stata conquista e colonizzazione la popolazione mesoamericana avrebbe continuato a crescere come lo stava facendo in termini generali dalla preistoria e il Pre-classico, Classico e Postclassico. La conquista segna un un punto di flessione critica della popolazione mesoamericana, bisogna determinare scientificamente quali ne siano stati i fattori che lo causarono.

La popolazione mesoamericana al momento della conquista (1521) era all’incirca di 30 milioni di abitanti; per il 1531 era diminuita di 15,8 milioni (11).

Ventisette anni dopo della caduta di Tenochtitlan, nel 1548 la popolazione indigena era stimata in poco più di 6 milioni (12), in appena 20 anni Mesoamerica aveva perduto tra i 20-25 milioni di persone! E’ questo un incontro cultrale tra popoli? Questo numero è tre o quattro volte di più della popolazione ebrea immolata nei campi di concentramento nazisti, con la differenza che nessuno nella comunità internazionale piange per gli indigeni, né si fanno film né propaganda sull’olocausto indigena. Considerate che la cifra riguarda esclusivamente Mesoamerica, c’è ancora da numerare la perdita della popolazione del Caribe, America del Nord e del Sud e aggiungerei le popolazioni indigene dell’Africa, Asia e Oceania, vittime del colonialismo europeo, allo stesso modo nessuno piange per loro, al contrario, i nativi del popolo Nabutautau delle isole Fidji, hanno chiesto perdono ai discendenti di un missionario britannico, il pastore metodista Thomas Baker, che fu divorato nel 1867, dagli antenati cannibali.

Ritornando all’evoluzione della popolazione assoluta mesoamericana, altri venti anno dopo, nel 1568, la popolazione era scesa a 2.5 milioni (13);la caduta demografica continuò, nel 1605 superava appena il milione (14) di abitanti indigeni; nel 1790 ha inizio un processo di recupero arrivando a 4,636,074 abitanti (15); infine nel vicereame nel 1810 la popolazione mesoamericana raggiunge i 6,122,354 abitanti (16). Come si può notare dalle cifre della popolazione, dalla conquista (35 milioni) alla fine della colonia (6 milioni), nei tre secoli coloniali la popolazione fu lontana dal recuperare la sua popolazione originaria. La conquista e la stessa colonia sono le cause principali dell’ecatombe demografica, vediamo ora i fattori specifici della mortalità “crónica cronológica”.

Sterminio militare

Senza dubbio lo stato di guerra è il primo fattore che fece aumentare in modo consistente la mortalità Non possiamo determinare il numero dei morti, secondo Bernal Diaz del Castillo, sarebbero migliaia i giovani e tra i più sani guerrieri indigeni che caddero nell’invasione della conquista, il cronista cita le stragi su tutto il territorio mesoamericano, delle popolazioni Maya, dei popoli dell’Altipiano Centrale, dell’ Occidente, senza dimenticare quelli del Sud e delle vallate di Oaxaca, alcuni di questi ultimi si trovavano sotto il dominio dei mixtechi (17).

Data la superiorità tecnologica, vedo nelle battaglie più che una guerra di conquista, una di sterminio etnico.

Tenendo pur sempre conto della brutalità dello sterminio militare, la mortalità determinata dalla guerra di conquista rientra in un lasso di tempo di 3 o 5 anni scarsi 1519-1521, o 1519-1526, quest’ultimo somma il tempo posteriore alla caduta di Tenochtitlan agli eventi della guerra dell’Occidente e del Sud (Las Hibueras) e il 1526 è l’anno in cui Hernan Cortès scrive la sua Quinta Lettera di Relazione. Dopo di ciò, considero che le perdite in combattimento sono poco significative dentro alla mortalità generale della Nuova Spagna.

 

Guerra batteriologica

 

Senza ancora saperlo, ma beneficiandosene, i conquistatori furono i primi ad impiegare in guerra il terrore batteriologico (18), non come lo si conosce oggi, ma per la sua efficacia ugualmente letale. Difatti i conquistatori spagnoli portarono in Mesoamerica un insieme di malattie contagiose a cui loro erano immuni ma non così la popolazione autoctona. L’epidemia di vaiolo durante l’assedio di Tenochtitlan causò probabilmente più stragi nell’esercito mexica di tutte le battaglie contro i castigliani, i tlaxcaltecas e gli altri alleati.

 

Pur riconoscendo la superiorità tecnico-militare degli iberici e delle loro migliaia di indigeni alleati, che sarebbe successo senza quell’epidemia? L’ipotesi si può fondare sui risultati dell’offensiva mexica prima dell’epidemia, quella che capeggiò Cuitlahuac e che segnò una sconfitta degli spagnoli (la Triste Notte), e lo stesso Cuitlahuac muore di vaiolo e non traffitto dalla spada spagnola.

 

Dopo la Conquista e stabilita la Colonia, ai germi provenienti dall’Europa si sommarono quelli dell’Africa, portati dagli schiavi neri, il bombardamento virale e batteriologico decimò gli indigeni fin quasi ad annichilirli.

 

Come è risaputo, le epidemie hanno punte statistiche, i sopravvissuti generano con una certa velocità la resistenza ai nuovi germi introdotti, in modo tale che le epidemie molto probabilmente ebbero un maggiore impatto nella mortalità posteriore alla conquista che le azioni di guerra.

 

Tuttavia, da un punto di vista epidemiologico, mi sembra difficile incolpare le epidemie portate da germi europei o africani della diminuzione costante e permanente della popolazione nei 150 anni successivi alla guerra di conquista. Non mi sembra ragionevole che la popolazione esposta ai nuovi virus e batteri abbia tardato un secolo e mezzo per raggiungere una certa efficienza immunitaria, perciò considero che neppure le epidemie furono la causa dello spopolamento mesoamericano.

Schiavitù, miseria e resistenza

 

La perdita della sua sovranità, della sua autonomia, insieme al crollo delle istituzioni culturali, sociali e politiche, avvengono contemporaneamente alla decimazione dei popoli per la guerra, le epidemie e ciò che è peggio, immediata è l’imposizione del regime schiavista.

 

Milioni di indigeni sono soggetti e super-sfruttati sotto il regime dell’encomienda. Le haciendas divorano i terreni comunitari e gran parte della popolazione resta senza terra coltivabile che gli permetteva di sostenersi.

 

Durante tutto il regime coloniale, si puo dire che gli indigeni sussistono sotto una specie di stato di occupazione militare straniera, con autorità che sviluppano una guerra di sterminio etnico di bassa intensità ma implacabilmente costante. Questa è nella mia opinione, la vera causa dello spopolamento ed proprio questo che i ricercatori ispanofili vogliono occultare.

 

Questo stato di occupazione militare e guerra di sterminio, fu più intensa e visibile tra i colonizzatori anglosassoni dell’America del Nord, in Mesoamerica fu altrettanto efficace ma si scontrò con un compito maggiore, bisognava sterminare un numero molto maggiore di indigeni, che inoltre disponevano di una cultura sedentaria più facile da approfittare mediante la schiavitù o il lavoro del servo della gleba.

 

Gli encomenderos e i latifondisti godettero di pieni poteri sui loro lavoratori e schiavi, alcuni di quei diritti erano stati vigenti nel medioevo spagnolo, ma erano anche già stati superati nelle società rinascimentali. In Nuova Espana si permettevano e tolleravano abusi  e comportamenti di sfruttamento che non si permettavano in Spagna. Si arrivò a dubitare se gli indios avessero anima e se fossero figli di Dio, si giunse a marchiarli con il fuoco come animali da soma, l’encomendero si attibuiva il diritto di “pernada”, decideva vita e morte dei suoi encomendados e braccianti.

 

Non esisteva il salario, il padrone fissava a sua discrezione la paga, se ce n’era una, lavoravano da sole a sole da lunedì al sabato, soltanto la domenica, quello sì, il padrone, si preoccupava che andassero a messa.

 

L’ambiente di oppressione e sfruttamento era molto peggiore di quello fin qui tratteggiato. Quelle condizioni di estrema miseria, la fame e la denutrizione accentuarono il trauma della conquista.

 

Ci sono testimonianze di tribù intere che si lasciarono morire prima di accettare questo nuovo stato di cose, el donne si negavano a procreare, preferivano abortire prima di consegnare il loro figlio ad un futuro oscuro e miserabile, la loro fertilità diminuì notevolmente. Gli uomini non ebbero un atteggiamento molto diverso, davanti all’ecatombe, a migliaia fuggirono sulle montagne, in luoghi isolati, si lasciarono morire di freddo, fame e sete, ma soprattutto di tristezze e depressione Qualche sacerdote, medico o saggio indigena si nascosero nei posti più reconditi delle paludi, nelle caverne, lì fin dove la luce e l’aria a fatica entravano. Molti di loro da lì resistettero, diventarono sciamani, nahuales, e da loro accorrevano in segreto i pochi fedeli che ancora restavano. Persi sulle montagne mantennero vivo lo spirito di un passayo che si rifiutava di morire.

 

In quello stato di oppressione, con un popolo che scompriva come le gocce che scoorno lungo la mano, le guide lasciarono detto ciò che c’era da fare, come conservare la tradizione, la cultura e tutto ciò che era a loro prezioso.

 

Con lo spopolamento nasce la resistenza, come una fiammella che trova rifugio nel cuore delle case, da dove deve uscire per formare la nuova “hoguera”.

 

A questo riguardo il documento denominato testamento di Cuauhtemoc, esprime il senso di un popolo che si prepara ad una resistenza lunga e difficile, se pur di dubbia origine storica, la sua invocazione è sincera, chiara, e bene esprime ciò che lì successe e lì si disse:

 

Testamento di  Cuauhtemoc (19)

Imperatore del México Anahuak

 

Il Nostro Sole si è nascosto il Nostro Sole si è nascosto e ci ha lasciato nella totale oscurità…Sappiamo che tornerà ad uscire per illuminarci di nuovo, ma mentre rimarrà là nel Mictlan dobbiamo unirci occultando nei nostri cuori tutto ciò che amiamo.

 

Nascondiamo il nostro teokaltin (templi), i nostri kalmekameh (scuole di alta formazione); i nostri tlachkouan (campi del gioco della palla), i nostri telpochkaltin (scuole per i giovani), le nostre kuikakaltin (casa del canto) e lasciamo le vie deserte per rinchiuderci nelle nostre case.

 

D’ora in poi, loro, le nostre case, saranno i nostri teokaltin, i nostri kalmekameh, i nostri Tlachkouan, i nostri telpochkaltin ed i nostri kuikakaltin.

 

D’ora in poi, finchè uscirà il Nuovo Sole, i padri e le madri saranno i maestri, e le guide che porteranno per mano i loro figli finchè vivono, che i padri e le madri non dimentichino di dire ai loro figli ciò che è stato finora l’Anawak.

 

Sotto la protezione dei nostri dei, e come risultato delle nostre abitudini e dell’educazione che i nostri anziani inculcarono ai nostri genitori e con tanto impegno questi inculcarono a noi.

Che neppure dimentichino di dire ai loro figli ciò che un giorno dovrà essere il Grande Messico Anawak!

 

Profezie del Tlatoani Kuauhtemoc

Testo originale in Náhuatl

 

Totonal yomotlatih Totonal yoixpollih iuan Zentla youayan o tech Kateh

Mach Tikmatih ka okzepa ualla man Ka okzepa kizakin iuan yankuiotika tech tlahuiliquin

 

Mach inoka ompa miktlan maniz manzanueliui tozentlalikan, tetochtetokan iuan tezolnepantla tiktlatikan nochi intlen toyolkitazohtla Kiueyi tlatkiomati.

 

Man tikin popolokan toteokaluan tokalmekahuan totlachkohuan totelpochkahuan tokuikakalhuan.

 

Man mozelkahuacan tohumeh iuan man tochanhuan Kin ihkuak kixouaz toyankuik tonal. In tatitzin iuan in nanzitzin Man aik kuikalkuan kimilhuizkeh itelpochhuan iuan matechnazkeh mo pipilhuan inokan nemiskeh uel kenin yoko.

 

Kin axkan totlazoh Anawak in tlanekiliz iuan tlapeliuiz in tonechtoltiliz uan iuan zan ye nopampa tokenmauiliz iuan tokem popoliz okizelikeh totiachkatzitzihuan iuan tleh totahtzitzin auik yolehkayopan oki xi nachtotakeh toyelizpan.

 

Axkan tehua tekin tekimakah in topilhuan Amo kin ilkauazkeh nonotzazkeh mopilhuan uelkenin yez kenin imakokiz iuan uelkenin chikahkauiz iuan uel kenin kiktzon kixtitin iueyika neltohtiliz inin totlatzoh talnantzin Anawak  

Emarginazione della medicina indigena

Il dominio ispanico impose le sue istituzioni coloniali, emarginando la cultura e la tradizione indigena. L’ideologia della medicina grcolatina (ippocratica e galena), e in una certa misura quella araba, sostituiscono quella preispanica. Allo stesso modo, i medici di formazione europea espellono gli indigeni dallesercizio medico pubblico. La medicina indigena viene considerata inferiore e infestata di pensieri “ demoniaci” caratteristica della “superstizione” dei guaritori amerindi, neri e meticci “mal educati nella dottrina cristiana”.

Allo stesso modo in cui furono i primi sacerdoti cortesiani (di Hernan Cortes) coloro che imposero il dominio della nuova religione in America, i primi medici spagnoli furono il germe della medicina dominante che si injerta nella Nuova Spagna. Il dottor Cristobal de Ojeda, arriva nel 1519, con l’esercito invasore di hernan Cortes, è il primo medico sapgnolo che esercita in Messico. La dominazione militare, politica, religiosa dei popoli mesoamericani ricceverà anche il trapianto della medicina ispano-europea, sostituendo velocemente le diverse espressioni della medicina tradizionale delle nazioni originarie.

Si puo dirte che la medicina indigena resistette meglio di altre istituzioni culturali. Nello stesso processo della conquista e nella prima fase Coloniale, Hernan Cortès, nelle sue Cartas de Relacion, riconosce l’efficienza dei medici indigeni al punto di commentare che non vi era bisogno di medici dalla penisola iberica. Comunque sia, attecchirono rapidamente le abitudini, la cultura e la medicina spagnola.

La medicina indigena, pur essendo stata relegata a un livello secondario, riesce a mantenersi in condizioni marginali e di esistenza parallela.

I medici che esercitano in modo ufficiale nella Nuova Spagna, nel periodo 1521-1618, sono soprattutto spagnoli, nati e formati nella penisola.

A seconda che si consolida il regime coloniale e i primi immigrati spagnoli mettono radici in suolo americano, i medici criollos (discendenti di famiglie spagnole), inclusi i meticci gli indigeni, aumentano in proporzione e numero assoluto. A parte le eccezioni, si puo dire che i medici di formazione accademica fanno parte di una casta privilegiata, sia per il loro numero esiguo sia per la loro origine sociale.

German Somolinos ha realizzato una paziente e attenta raccolta di elenchi di medici  e professioni relative (20) che esercitarono nella Prima Fase Coloniale della Nuova Spagna, in specifico dal 1521 al 1618; in quel periodo ha elencato 96 medici, 59 chirurghi, un algebrista (21), 7 medici indigeni, 8 infermiere, 31 farmacisti, 4 curatori di buba, 2 levatrici, e 21 appassionati alla medicina (22).

 

Bibliografia

 

(*) Medico chirurgo, ricercatore, e promotore delle medicine indigene tradizionali e complementari. Presidente fondatore dell’ Istituto Messicano di Medicine Tradizionali Tlahuilli AC, attualmente direttore della Rivista elettronica Tlahui (http://www.tlahui.org). La relazione è stata preparata per il Convegno Balducci, Settembre del 2006.

(1) Palazuelos Cinta, Javier. Escritura Pública del Instituto Mexicano de Medicinas Tradicionales Tlahuilli A.C. Notaría Número 10, Cuernavaca, Morelos, México, 24 de Julio, 1984, p. 8.

(2) Hernán Cortés. Cartas de Relación de la Conquista de México. Espasa Calpe-Austral. México, 1945, 300 pp.

(3) Hernán Cortés. Cartas de Relación de la Conquista de México. Espasa Calpe-Austral. México, 1945, Carta Segunda, p. 72.

(4) Morales Valerio, Francisco. Fray Jacobo de Testera (1490?-1542). Un notevole missionario aTabasco. Arqueología Mexicana, Mayo–Junio de 2003, Vol. XI, No. 61, p. 58.

(5) Pianta leguminosa di origine americana

(6) Pianta di origine americana

(7) Miguel León Portilla. Visión de los Vencidos. UNAM. México, 1982, p. 116.

(8) Del náhuatl: teotl, dios y cuitlatl, excremento. Nota del autor.

(9) Herlinda Treviño Vda. de Sáenz. Primer Herbario Azteca y Mestizaje Agrícola. Siglo XV al XX. México, 1979, p. 43.

(10) George M. Foster. Tzintzuntzan. Fondo de Cultura Económica, México, 1972, p. 31.

(11) Fennet F, Henderson D A et al. The history of smallpox and its spread around the world. En Smallpox and its eradication. OMS Suiza. 1988. Cáp 5; 209-243.

(12) Borah y Cook. The population of Central Mexico in 1548: An Analysis of the Suma de Visitas de Pueblos 1960.

(13) Cook y Borah. The indian Population of Central México 1531-1610. 1960.

(14) Cook y Borah. The indian Population… Ibid.

(15) Primer Censo de Población de la Nueva España, 1790. Censo de Revillagigedo “Un Censo Condenado”. Dirección General de Estadística. SPP, México, 1977.

(16) Navarro y Noriega, Fernando. Memoria del Reino de la Población de la Nueva España. México, 1820.

(17) El Valle de Oaxaca, guía oficial. INAH, México, 1976, p. 54.

(18) Diomedi P., Alexis. La guerra biológica en la conquista del nuevo mundo: Una revisión histórica y sistemática de la literatura. Rev. chil. infectol., [online]. 2003, vol.20, no.1 [citado 17 Junio 2005], p.19-25, URL: http://www.scielo.cl/. ISSN 0716-1018.

(19) El nombre de Cuauhtemoc (el náhuatl no porta acentos) se debe traducir como “Águila que desciende”, es decir que ataca en picada. El náhuatl no se escribe con acentos, Nota del autor.

(20) Somolinos D’Ardois, Germàn. III. Relación alfabética de los profesionistas médicos o en conexión con la medicina, que practicaron en territorio mexicano (1521-1618). Capítulos de Historia Médica. Sociedad Mexicana de Historia y Filosofía de la Medicina, México, 1978, 312 pp.

(21) Especie de ortopedista, traumatólogo y huesero, o más formalmente, un tipo de cirujano que se dedicaba especialmente a la curación de dislocaciones de huesos.

(22) Somolinos D’Ardois, Germàn. III. Relación alfabética de los profesionistas médicos o en conexión con la medicina, que practicaron en territorio mexicano (1521-1618). Op. cit., pp: 181-187.


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